Raccolta III
Annalaura Remondina
Con il termine “arco di Arjuna” si intende l’emicerchio deposto ai vostri piedi (lato destro o lato sinistro sono a seconda della percezione di ognuno di voi) ottenuto dissociandovi dalla rappresentazione mentale di voi stessi (ossia dal ritenere voi stessi esistenti in quanto corpo fisico). La dissociazione per la formazione di questo arco viene ripresa nell’esercizio qui di seguito proposto. Pertanto, a fronte di quanto esposto, bisogna asserire che ne esiste anche un altro; otterremo quindi 2 archi: quello di “ciò che anima” e quello di “ciò che è interpretato”.
Il primo arco di Arjuna lo ottenete accusando voi stessi (nome e cognome) di essere solo una interpretazione di “ciò che anima”; il secondo lo ottenete riconoscendo che voi stessi (nome e cognome) siete una interpretazione di “ciò che anima”.
Fisicamente percepirete una zona di “fresco” disposta in emi-cerchio – cioè metà cerchio – da un lato (sinistro o destro è indifferente e varia in base ad ognuno) per “ciò che anima”; e, dal lato opposto, per “ciò che è interpretato”.
Immaginate di deporre i due archi a terra in maniera da ottenere la struttura di un cerchio.
Ora, all’interno di questo cerchio, immaginate di tracciare le linee dei due diametri in modo da formare una croce… A questo punto, poiché dovete ottenere un quadrato, unirete i quattro punti dove i diametri toccano la circonferenza. In questo modo avrete creato il vostro quadrato all’interno della circonferenza del cerchio. Adesso, immaginate che il quadrato si gonfi fino all’altezza delle ginocchia e diventi un cubo.
Tale cubo vi cingerà fino all’altezza delle ginocchia e sarà dipinto, su ogni lato, con 7 righe azzurre e 6 bianche.

